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L’approccio bilingue del Ben’s Approach

L’apprendimento delle lingue funziona esattamente come tutti gli apprendimenti, con un percorso fatto di:
– benessere
– curiosità
– empatia
– ricerca
– gratificazione
– consolidamento
Dietro un bambino che parla e comprende due o più lingue c’è un ambiente che lo ha stimolato senza forzarlo, c’è un insegnante che lo ha aspettato e gratificato e ci sono compagni che hanno giocato con lui a vocalizzare suoni nuovi che aprono porte magiche.

È sufficiente la “full immersion”?

Circondare il bambino di persone che parlano una lingua diversa da quella materna non è sufficiente per il suo apprendimento. È un concetto molto intuitivo se pensiamo a cosa succederebbe a noi se fossimo rinchiusi in una stanza con una persona che parla una lingua a noi sconosciuta. La sola esposizione non basta; nemmeno se prolungata assai nel tempo e nemmeno per il cervello “spugna” del bambino.

Cercando la definizione di “full immersion” infatti troveremo che la condizione necessaria per l’apprendimento è la partecipazione del bambino.

Tornando all’esempio della nostra stanza con un interlocutore di lingua sconosciuta, impareremo a comunicare con lui solo se accenderà il nostro interesse, tanto da coinvolgerci in un primo tentativo di scambio utilizzando magari gesti, oggetti o disegni/immagini a cui fare riferimento.

I bambini non sono in questo diversi dagli adulti, pur avendo il loro cervello una plasticità che noi abbiamo ormai perso. Un bambino esposto ad un ambiente dove si utilizza un codice linguistico diverso da quello materno apprenderà solo ed esclusivamente nella misura in cui verrà coinvolto emotivamente e sarà interessato alla partecipazione.

L’approccio benessere

La moderna glottodidattica ha superato il vecchio concetto del OPOL (one person one language) tanto in auge nel secolo scorso (il primo a teorizzarlo fu il linguista Maurice Grammont nel  lontano 1902) a favore del metodo induttivo che prevede l’utilizzo del code switching.

Il passaggio da una lingua all’altra è risultato lo schema più adatto anche nelle famiglie bilingue dove si è riscontrata una maggiore efficacia del modello 1 parent/2 languages. Il contesto infatti gioca un ruolo fondamentale nell’acquisizione di una lingua e forzare la comunicazione in un dato codice linguistico a scapito dell’altro prescindendo dal contesto e dall’interesse del bambino si è rivelato inutile oltre che controproducente.

Per questo motivo l’obiettivo del Ben’s Approach è primariamente stabilire un rapporto empatico tra insegnante e bambino in un ambiente educativo ricco di stimoli alla comunicazione e senza forzare un codice linguistico a scapito dell’altro, passando da una lingua ad un altra seguendo l’andamento fisiologico dell’attenzione del bambino e del suo livello di engagement.

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